Foto di lesbiche

Avete appena scoperto la più grande collezione di foto di lesbiche disponibile on-line. Se cercate delle ragazze lesbiche, belle, eccitanti e porche... Siete arrivati al posto giusto.

Monday, July 17, 2006

Il Triangolo

precedenti

Era una cattiveria, lo sapeva, era il dolore a farlo essere aspro, ma sapersi beneficiaria di una polizza di tre miliardi poteva far pensare a qualcosa di diverso dal matrimonio.

Aveva detto tutti senza mai cambiare tono di voce.

* * *

Sereni e Liberti avevano trascorso tutto il giorno per districare quella che diveniva sempre più una matassa imbrogliata.

Il veleno che aveva ucciso Carlo Ferrara era estratto dalle radici di una pianta, l'aconito napello. Ne erano state trovate tracce nel bicchiere e sul tappeto, niente nella bottiglia del whisky, o in altre. Un veleno di cui si parla in molti romanzi polizieschi. Non altera i tratti del volto, agisce sul sistema centrale 'fermando' il cuore. In dose non mortale può provocare, in determinate condizioni, uno stato di morte apparente.

Non era stato rinvenuto alcun contenitore del veleno: boccetta, ampolla, fiala...

In caso di suicidio tale oggetto poteva essere stato fatto sparire prima dell'ingestione: nello scarico idraulico del cesso, gettato dalla finestra...

Ogni ricerca in proposito a non aveva dato risultati positivi.

Se si scartava il suicidio, bisognava stabilire "chi" e "come", tenendo conto che la porta era chiusa dal di dentro con una sicura non rimovibile dall'esterno.

Un'accurata indagine sulla vita di Carlo non aveva evidenziato legami sentimentali precedenti tali da far sospettare un'azione per gelosia. Una di quelle, come si dice, del tipo "niente a me niente a nessuno".

Gelosie professionali interne allo studio non emersero: solo l'azione di un folle avrebbe potuto agire in nome di "muoia Sansone con tutti i Filistei". Inoltre, anche ammettendolo, "chi"? "come"?

Paolo Ferrara aveva sottolineato l'esistenza della polizza a favore di Rosetta Mauri. Strano che non sapesse che la polizza indicava "beneficiari, gli eredi nominati nel mio testamento in mani del notaio Quadri". Questo era stato scritto da Carlo, di proprio pugno, firmato e datato, oltre le normali firme in calce.

Il notaio Quadri s'era presentato al Sereni. Carlo Ferrara l'aveva incaricato di consegnare una busta sigillata al magistrato, in caso di morte sospetta, o comunque improvvisa. Quadri riteneva opportuno informare Sereni di aver ricevuto una visita di Paolo Ferrara che, come il pi— prossimo parente vivente di Carlo, desiderava conoscere se il fratello avesse lasciato qualche comunicazione, scritta o verbale, per lui o per altri, se il notaio sapesse di polizze assicurative, si custodisse lui il testamento. Il notaio si era limitato a rispondere che lui non aveva alcuna comunicazione di Carlo per il fratello Paolo.

La compagnia assicuratrice, alla quale s'era rivolto Paolo, disse che la copia della polizza destinata allo stipulante era in mani del notaio Quadri, e che le condizioni era tali per cui a loro non interessavano le cause del decesso.

Il magistrato aprì la busta. Conteneva la copia della polizza di assicurazione, per quattro miliardi, e la copia autenticata del testamento.

"Lascio la titolarità, proprietà e avviamento del mio studio professionale, la proprietà di ogni mio altro bene immobile o mobile, ivi compresi depositi bancari, e titoli di qualsiasi genere, il tutto come si trova al momento della successione, alla dottoressa Rosetta Mauri.--------------------------------------

Dai titoli di cui sopra dovranno essere prelevate le seguenti somme in obbligazioni: -------------------------------------------------------------------------

Lire un miliardo da consegnare a mio fratello Paolo.---------------------------

Lire cento milioni al caro e fedele Luigi Fossati. -------------------------------- In caso di indegnità di uno dei suddetti eredi, la parte a lui spettante sar... suddivisa in parti uguali tra gli altri.---------------------------------------------- In caso di indegnità di tutti i suddetti eredi, ogni mio avere sarà suddiviso in parti uguali tra i collaboratori fissi del mio studio esistenti al momento della successione.---------------------------------------------------------------------

Il notaio Quadri curerà l'esecuzione del presente testamento.---------------"

Paolo Ferrara non era ben informato, lui aveva detto che l'assicurazione era per tre miliardi.

* * *

Sereni e Liberti fecero il punto della situazione.

La morte per avvelenamento era stata causata da una sostanza abbastanza conosciuta, soprattutto per il frequente ricorso che se ne faceva nei romanzi polizieschi.

Nessuna traccia del contenitore del veleno, nell'appartamento.

Nessuna traccia di veleno nella bottiglia di whisky, nè nelle altre.

Carlo Ferrara era rientrato solo e s'era chiuso dal di dentro.

I frequentatori abituali dell'appartamento erano Carlo, Rosetta, Luigi, la cameriera part-time. Solo i primi tre avevano le chiavi.

Qualche volta vi andava il fratello Paolo.

Tutte le entrate e le uscite erano, comunque, registrate dal guardiano.

Il movente economico doveva essere considerato a seconda dei benefici che dalla morte di Paolo avrebbero tratto i sospettabili: nell'ordine, c'erano Rosetta, Paolo, Luigi.

Come era stato procurato il veleno?

Non è che l'aconito si venda liberamente in drogheria, nè la pianta in erboristeria.

Non era credibile che il responsabile del delitto avesse raccolto le pannocchie dell'azzurro fiore a forma di elmo, strappandole con tutte le radici, e da ciò avesse estratto quanto necessario alla macabra bisogna. La pianta, inoltre, cresceva in zone ben lontane da Roma.

Luigi aveva escluso tassativamente che il professore assumesse medicinali. Rosetta non aveva mai visto scatolette, pillole, fiale, o qualcosa che custodisse medicinali. Paolo non poteva dir nulla, lui abitava a Milano e non sapeva di terapie od altro. Paolo aveva aggiunto che Carlo si sentiva bene e aveva rifiutato di sottoporsi a check-up, a Milano, presso la Clinica dove suo figlio, Carlo come lo zio, era assistente del professor Martelli. Il fratello aveva detto che lui lo sapeva per esperienza, era sempre bene stare alla larga dai consulenti.

"Senta, Liberti" -disse Sereni- "domani torniamo nell'appartamento, e si faccia accompagnare dalla scientifica."

* * *

Il magistrato era seduto nella poltrona dov'era stato trovato il cadavere. Quelli della scientifica stavano vicino alla finestra, in piedi, con le loro valigette, in attesa di disposizioni.

Liberti s'era avvicinato al tavolo dal quale erano state prelevate le varie bottiglie, per l'esame del contenuto. Fece il gesto di prendere una bottiglia,stapparla, versare qualcosa in un bicchiere, scoprire il portaghiaccio, trarne dei cubetti, metterli nel bicchiere. Aprì il frigo-bar, e lo sportello del freezer dov'era il contenitore dei cubetti. C'erano tutti, un po' più piccoli del normale.

Il ridotto volume dei cubetti poteva significare che era stato prelevato del ghiaccio ed erano rimasti vuoti alcuni spazi, quando successivamente era stata tolta l'energia elettrica, per agire sulla porta e sugli impianti di sicurezza, tutto il ghiaccio s'era liquefatto e l'acqua si era ridistribuita, logicamente con un livello inferiore al precedente. Poi era stata ripristinata. la corrente e s'erano formati nuovamente i cubetti, più piccoli del normale.

Liberti chiamò Sereni e gli mostrò quanto aveva in mano. Il magistrato fece un segno di assenso col capo.

Liberti si rivolse ai tecnici della scientifica. "Prendete questo recipiente e fate analizzare il ghiaccio. Attenti, potrebbe contenere del veleno pericolosissimo."

Un agente indossò dei sottili guanti di gomma, estrasse una busta di plastica dalla borsa che aveva con s‚, vi introdusse il recipiente col ghiaccio, la sigillò con un nastro adesivo e appose il timbro dell'ufficio in modo che attraversasse il nastro e prendesse parte della busta. Vi fece apporre la firma del magistrato e ripose il tutto in un contenitore termico.

"Aspettatemi in laboratorio" -disse Sereni- "divideremo il ghiaccio in due parti, una per l'analisi e l'altra per il riscontro."

Liberti andò nel bagno a lavarsi accuratamente e abbondantemente le mani.

* * *

L'analisi rilevò la presenza di almeno 5 milligrammi di aconitina in ognuno dei dodici cubetti di ghiaccio. Quindi, in totale, si poteva presumere che, in origine, il recipiente avesse contenuto intorno a 70 milligrammi di veleno.

"Una quantità sufficiente per uccidere alcune decine di persone."

Concluse il tossicologo.

* * *

Sereni e Liberti avevano alcune nuove tessere per il loro "puzzle", ma erano lontani dal decifrane il contenuto.

Carlo era rientrato solo, senza alcuna compagnia. A un certo momento aveva versato del whisky in un bicchiere, prima o dopo aver preso due cubetti di ghiaccio dal frigorifero e averli messi nello stesso bicchiere. S'era seduto in poltrona, aveva bevuto il whisky, s'era accasciato senza vita. Il bicchiere gli era scivolato dalla mano, sul tappeto, versando qualche piccolo residuo di liquido.

C'era sempre da rispondere a "chi", "come", "quando". Il "perchè" sarebbe balzato fuori di conseguenza.

"Luigi Frossi ‚ l'unico presente tutti i giorni" -osservò il magistrato- "e ha dichiarato che un paio di giorni prima il professore era rientrato con Paolo... l'indomani in professore era uscito presto... l'avvocato s'era fatto chiamare un taxi ed aveva lasciato l'appartamento verso le dieci..."

Il veleno nel recipiente del freezer avrebbero potuto metterlo Luigi, Paolo, e forse la cameriera. Rosetta era da escludersi perchè‚ la sera che era stato con Carlo avevano bevuto insieme e la mattina Luigi aveva trovato mancanti alcuni cubetti di ghiaccio

Bisognava chiarire cosa intendesse dire, Luigi, con le parole un paio di giorni prima.

"Io parlerò di nuovo con Frossi e la Mauri" -disse Sereni- "la polizia cerchi di scoprire la possibile provenienza del veleno."

* * *

Rosetta confermò che aveva dormito a casa di Carlo la sera precedente la visita di Paolo. Come al solito, s'erano fermati a chiacchierare nello studio-salotto. Lei aveva preparato due bicchieri: uno con due cubetti di ghiaccio, presi nel freezer, e del whisky, l'altro col suo cognac preferito. La sera successiva Carlo era rimasto in casa col fratello. Si giungeva, così, alla sera dell'improvvisa morte di Carlo, tutto solo nel suo appartamento, seduto nella stessa poltrona che occupava sempre. Dopo la cena al Chez Lui l'aveva riaccompagnata a casa. Forse, se fosse salita da lui lo avrebbe potuto salvare, o sarebbe morta con lui.

Gli affari dello studio andavano benissimo, ma ora nessuno avrebbe sostituire Carlo. In nulla. Lei, ogni mattina, gli faceva trovare una rosa sulla scrivania. Una rosa rossa, come quelle che lui le regalava a dozzine.

Luigi precisò che un paio di giorni prima era un modo di dire. In effetti, l'avvocato Paolo era ripartito per Milano la mattina del giorno in cui Carlo, molto presumibilmente, era morto.

A mettere in ordine lo studio-salotto era lui personalmente. La domestica si limitava solo al pavimento. Lui spolverava, per bene, senza alterare l'ordine delle cose, nemmeno delle riviste o delle bottiglie. Controllava che non mancasse nulla, liquori, ghiaccio nel freezer, acqua minerale, soda, bibite varie.

Quella mattina il contenitore dei cubetti di giaccio era pieno, lo ricordava benissimo. Eppure, la sera precedente dovevano aver bevuto qualcosa, Carlo e Paolo. Aveva trovato due bicchieri sporchi. Strano che il professore avesse bevuto il whisky liscio.

Forse ci si stava avvicinando al "chi" e al "quando".

Ma come era stato procurato il veleno?

* * *

Sereni s'era incontrato con Quadri.

Il notaio avrebbe convocato nel proprio studio gli eredi, per l'apertura del testamento, affrettando la procedura dato lo svolgesi degli eventi.

Paolo Ferrara avrebbe voluto rinviare la cosa a dopo la chiusura dell'inchiesta, ma Fortuna gli aveva fatto notare che una presa di posizione del genere non gli avrebbe giovato, anche perchè il magistrato aveva chiaramente detto che la soluzione del mistero era a portata di mano, e prima dell'apertura del testamento.

Liberti era tornato a Roma la sera precedente alla riunione presso il notaio, ed restato con Sereni fino all'alba.

* * *

Nello studio del notaio c'erano Paolo Ferrara, Rosetta Mauri, Luigi Frossi. Nella sala adiacente, il giudice Sereni, il commissario Liberti, l'avvocato Fortuna.

Paolo sollevò una pregiudiziale. Date le circostanze della morte e le non ancora accertate responsabilità, era possibile, anzi probabile, che uno o più dei convocati, qualora eredi, non potessero adire efficacemente l'eredità.

Quadri ascoltò attentamente e osservò, con molta calma, che i presenti, qualora eredi, avevano piena capacità a succedere.

Una eventuale causa di esclusione dalla successione, come, ad esempio, l'indegnità, non andava riferita alla capacit... di succedere ma all'acquisto della successione stessa, L'indegno, infatti, potet capere sed non retinere, proseguì il notaio, ma è sempre necessaria la pronuncia del giudice per dichiarare l'indegnità.

Ad ogni modo, concluse Quadri, al momento dell'apertura della successione, cioè al momento in cui il patrimonio di Carlo Ferrara era rimasto privo del proprio titolare a causa della morte di questi, non risultava accertata alcuna indegnità. Qualora ciò fosse avvenuto successivamente, e sempre giudizialmente, l'indegno avrebbe dovuto restituire eredità e frutti.

La lettura del testamento venne fatta nel massimo silenzio, e richiese pochissimo tempo.

Rosetta portò il fazzoletto alle labbra, a soffocare il grido che voleva uscirle dalla gola, scuoteva la testa, gli occhi pieni di lacrime.

Paolo non le toglieva lo sguardo da dosso, freddo e sprezzante, e si vedeva che riusciva a stendo a dominarsi. Le narici esangui, le mascelle contratte, le labbra stirate. Deglutiva a fatica.

Luigi guardava Rosetta, attentamente. Quando il notaio pronunciò il suo nome non ne comprese bene il motivo. Forse il professore gli aveva lasciato quel bell'orologio che lui ammirava tanto. Un orologio da taschino, come quello di suo padre, ma d'oro, e suo padre si rammaricava di averlo perduto perchè‚ lo aveva destinato al figlio, a lui, a Luigi.

Dopo che il notaio ebbe spiegato le formalità che si dovevano osservare, chiese timidamente se cosa il professore avesse destinato a lui. Quando udì la cifra scoppiò a piangere. "Non è possibile" -diceva- "non lo merito, non posso accettare tutti questi soldi. Perchè? Cosa gli ho fatto?"

Sembrava quasi che avesse ricevuto un torto.

La prima a uscire nella sala adiacente fu Rosetta.

Paolo fece un cenno al notaio e disse che si sarebbe fatto sentire, ovviamente, l'indomani. Seguì Rosetta.

Non appena entrò nella sala, Liberti gli and• incontro.

"Paolo Ferrara, in nome della legge la dichiaro in arresto."

Si voltò verso i due ispettori in borghese, che nel frattempo erano sopraggiunti, e ordinò loro di ammanettare Paolo e di tradurlo in carcere.

Fortuna guardava allibito. Si volse al magistrato, senza parlare. Sereni assentì col capo.

Rosetta e Luigi non credevano ai propri occhi.

L'avvocato Paolo arrestato. Così, senza alcuna discrezione, come se si volesse dare la massima pubblicità all'evento.

Paolo fu condotto fuori.

"Giudice" -sussurrò Fortuna- "si poteva evitare una scena del genere. Fino a quando non si è giudicati nessuno è colpevole, tutti hanno diritto al rispetto, alla riservatezza. Io..."

Sereni l'interruppe:

"Sto andando a interrogarlo, venga con me."

Uscì, seguito da Liberti e Fortuna.

* * *

Il magistrato era dietro la propria scrivania. Il cancelliere, verbalizzante, aveva preparato il registratore ed anche, a ogni buon conto, la tastiera del computer.

Paolo Ferrara gli era seduto di fronte, al suo fianco Fortuna.

Con voce calma, fredda, priva d'inflessioni, Sereni cominciò:

"Signor Paolo Ferrara, lei è accusato d'omicidio premeditato, per aver procurato la morte, mediante avvelenamento, di suo fratello Carlo Ferrara.

Le ricordo, come lei ben sa, che può rifiutarsi di rispondere, ma desidero, prima di tutto, metterla al corrente degli elementi in nostro possesso.

Suo figlio Carlo, medico, è assistente del professor Martelli e segue, come interno, un corso di specializzazione in clinica medica. Nel contempo, suo figlio frequenta il Centro Ricerche 'Riccardo Bianchi', dove collabora allo studio degli analgesici e alla ricerca di sostanze che possano combattere il dolore.

Lei, nei mesi passati, è andato spesso al Centro Bianchi, a trovare suo figlio, e le è stato facile entrare nel laboratorio. Non è riuscito, però, a procurarsi quanto desiderava. Lei aveva letto con interesse a attenzione gli appunti di suo figlio, sugli effetti collaterali dell'aconitina e dei suoi derivati. Aveva fatto domande, che potevano apparire di semplice curiosità, per conoscere i preparati farmaceutici che usano tale sostanza, i modi di somministrazione, la posologia. Non sapendo come eventualmente estrarre l'aconitina dai medicinali, e consideratone il modesto contenuto nei medicinali stessi, decise di risalire alla fonte.

Il Centro Bianchi si riforniva di aconitina dalla 'P.& D.' svizzera.

Lei telefonò a quella Società, disse di essere il dottor Ferrara, del Centro Ricerche, e rappresentò l'urgenza di avere subito dell'aconitina per concludere gli esperimenti in corso sulle cavie. Il dottor Gustav Heilinger, della 'P.& D.', si meravigliò della richiesta, dato che non era trascorso il tempo che generalmente intercorreva tra una fornitura e l'altra, ma alla fine si disse disposto di fornire non più di 10 grammi di sostanza pura, in soluzione all'1 per cento. Era necessaria, però, una richiesta scritta del Centro Ricerche, con l'indicazione della persona che avrebbe ritirato la soluzione.

Lei tornò a trovare suo figlio, and• a salutare il direttore del Centro. Con un espediente (gli disse che qualcuno aveva fatto capolino alla porta e s'era allontanato) lo fece alzare dalla scrivania, riuscì a impossessarsi di alcuni fogli intestati, quelli con l'indicazione Il Direttore, e si accomiatò subito.

Telefonò di nuovo alla 'P.& D.', chiese di Heilinger, si scusò per aver incaricato Ferrara della richiesta, sostenendo di essere molto raffreddato, e la voce roca lo dimostrava ancora, e confermò l'urgenza della fornitura. Il dottor Ferrara avrebbe portato di persona la richiesta scritta e avrebbe ritirato il prodotto.

Il giorno stabilito, lei, Paolo Ferrara, uscì di casa verso le nove, dicendo che andava a Como, da un cliente e che sarebbe tornato in serata. La stessa cosa comunicò alla sua segretaria. Andò a Linate, spense il telefono cellulare, e alle 11.30 della stessa mattina presentò alla 'P.& D.' di Zurigo la lettera del Centro Bianchi. Non le fu chiesto alcun documento. Il Flacone era pronto. Pagò in franchi svizzeri e ritirò la fattura. Chiese scusa se per la fretta non poteva andare a salutare Heilinger. Tornò all'aeroporto di Kloten, acquistò, al duty free, una bottiglia di cognac, una di quelle in scatole di cartone. Gettò la bottiglia in un cestino per i rifiuti e nella scatola mise il falcone con l'aconitina. Ripose il tutto nella borsa di plastica datale dal duty free. Alle 14.30 partì per Roma, a Fiumicino trasferì il flacone nella sua borsa di pelle e lasciò il resto nel cestino della toilette, alle 16.55 s'imbarcò sul volo per Milano, alle 19.00, circa, rientrò a casa.

Qualche giorno dopo, prelevò dal flacone due decilitri di soluzione, cioè due grammi di aconitina pura, e li mise in una bottiglietta che aveva preparato. And• a trovare suo fratello. Attese, l'indomani, che fosse uscito e si ritirò nello studio asserendo di dover fare delle telefonate riservate. Svuotò il contenitore del ghiaccio, quello del freezer, nel lavandino della stanza da bagno adiacente lo studio, vi versò il contenuto della bottiglietta che aveva portato con s‚, vi aggiunse ancora dell'acqua, non molta perchè la formazione di ghiaccio ne avrebbe fatto aumentare il volume. Rimise tutto a posto. Simulò varie telefonate per potersi trattenere nello studio, si accertò che il liquido si fosse trasformato in ghiaccio. Uscì dallo studio, si fece chiamare un taxi. Ripartì.

0 Comments:

Post a Comment

<< Home